Articolo di :

Stefano Sabadini

Come Scegliere una Banca Sicura

Come scegliere una banca sicura

Fino a poco tempo fa nessuno si era mai posto il problema se la propria banca fosse sicura, oggi è la prima domanda che un risparmiatore si fa e che precede di parecchie lunghezze quella relativa a quanto potrebbe rendere il proprio denaro. Credo che questo nuovo interrogativo sia non solo lecito ma assolutamente indispensabile, ognuno dovrebbe chiedere alla propria banca le credenziali, ovvero quegli elementi che aiutano a capire meglio se è il caso di continuare a depositarvi i propri soldi. Se qualcuno mi chiedesse in prestito dei soldi che cosa vorrei sapere? Probabilmente cosa ci farà, per quanto tempo gli servono, certamente vorrei capire se ci sono tutte le condizioni perché poi questo soggetto me li restituisca e quindi se è una persona affidabile.

E’ esattamente quello che la banca ha sempre fatto e fa nei confronti dei clienti (quasi tutti) ed è quindi anche il comportamento che ciascun cliente deve avere nei confronti della propria banca. Un primo parametro da conoscere è il Cet1 (Common Equity Tier 1), un indice definito dalla BCE che rappresenta il rapporto fra investimenti bancari ponderati per il loro rischio ed il capitale proprio della banca stessa, si può richiedere in filiale oppure si trova anche sul web. La BCE indica come “minimo” (sindacale) un Cet1 del 8% ma che a breve porterà a livelli ben più alti. E’ necessario inoltre farsi spiegare bene i servizi che sono stati sottoscritti senza accontentarsi di superficiali rassicurazioni e nel caso ci sia qualcosa di ancora non chiaro cercare altri interlocutori fino a quando si è certi della qualità delle risposte. Sapere è un diritto. Infine non adagiarsi sulle abitudini, pensare “ho sempre fatto così, ho un rapporto pluriennale con il mio Istituto”.

Le regole sono dettate dalla Banca Centrale Europea, talvolta valutare punti di vista diversi può giovare a conoscere nuove opportunità o a confermare le scelte fatte fino ad oggi. Informiamoci dunque sullo stato di salute della propria banca e dei propri risparmi ed infine facciamo periodicamente un punto nave per verificare che le aspettative vengano rispettate.

Mutui: tasso fisso o tasso variabile?

Mutui: tasso fisso o variabile?

In questi mesi si è riaperta una diatriba che periodicamente si ripropone tra coloro che devono acquistare un immobile o che hanno in passato acceso un finanziamento finalizzato a questo scopo, è meglio il tasso fisso o quello variabile? Cerchiamo di fare chiarezza ed aiutare a non far prevalere l’emotività di fronte a questa tematica, precisando innanzitutto a che cosa sono legate queste due tipologie, quello a tasso fisso aggiunge uno spread all’indice Eurirs mentre quello variabile all’indice Euribor (alcune volte al tasso Bce). L’indice Eurirs utilizzato per i mutui a tasso fisso di durata ventennale è sceso sotto l’1% quando ad inizio anno era vicino all’1,6%, il che vuol dire che chi stipula un mutuo oggi a tasso fisso a parità di spread rispetto a due mesi fa paga un tasso scontato dello 0,6/0,7%. Quando l’Eurirs scende vuol dire che siamo di fronte ad uno scenario incerto, i consumi scarseggiano e i prezzi dei beni tendono a diminuire, il che significa però che anche l’altro tasso, l’Euribor, tende a scendere. Oggi l’Euribor a tre mesi al quale si agganciano la quasi totalità dei mutui a tasso variabile vale -0,2%, le banche dovrebbero quindi sottrarre questo tasso allo spread con la conseguenza di un buon risparmio per il cliente, cioè: se ho un mutuo con spread 1,60% agganciato all’Euribor tre mesi la rata attuale mi verrà calcolata al tasso dell’1,40% e quindi dovrei pagare meno. Purtroppo non tutte le banche lo fanno.

Per il tasso variabile la rata viene calcolata di mese in mese in base alle oscillazioni dell’Euribor mentre il tasso fisso rimane quello definito al momento della stipula quindi a questo punto dobbiamo domandarci: quale orientamento prenderà in futuro l’Euribor? L’elemento che ci aiuta a trovare la risposta è l’andamento dei tassi sui depositi e cioè quello che le banche dovrebbero ricevere dalla BCE in cambio del deposito delle proprie riserve di liquidità in eccesso. Ora, siccome il tasso sui depositi è negativo (-0,3%) sono le banche che pagano la BCE per tenervi le riserve e le prospettive sono sempre più orientate verso un incremento del tasso negativo per spingere le banche a prestare soldi all’economia reale invece di tenerli parcheggiati. Per questo l’indice Euribor continua a scendere sempre più e se la BCE porterà il tasso sui depositi a -0,5% l’Euribor si avvicinerà a questo livello e le rate dei mutui saranno conseguentemente più basse. Si stima che la risalita dell’Euribor avverrà in maniera lentissima nei prossimi cinque anni e non al punto da superare la differenza di tasso attuale tra il miglior variabile e il miglior fisso.

Se questo scenario si confermerà, il variabile, soprattutto per i mutui di durata non superiore a vent’anni per i quali gran parte degli interessi si paga nei primi dieci, è estremamente competitivo e potrebbe consentire un forte risparmio rispetto al fisso pur essendo quest’ultimo ai minimi storici.

Costo Petrolio Benzina

Perché il petrolio costa poco e il carburante no?

Molti di noi ricorderanno quando negli anni ’70 gli italiani furono costretti a viaggiare nei giorni festivi a “targhe alterne”, una domenica le auto con targa pari, la domenica successiva le altre. Il problema stava nel prezzo del petrolio alle stelle dovuto alle politiche dei paesi produttori che costringeva a limitarne i consumi e tamponare una crisi che sembrava insuperabile. Oggi il prezzo del petrolio quota circa 30 dollari al barile e si parla ugualmente di crisi. Perché? In realtà il problema è che attualmente di petrolio ce n’è troppo, troppe scorte che a causa di economie in stallo non vengono smaltite, un paese come l’Iran che, chiuso l’embargo che durava da quasi quarant’anni, vuole essere protagonista nella produzione mondiale aumentando il quantitativo disponibile, il prezzo basso che non consente alle aziende produttrici di coprire con sufficiente utile gli elevati costi di estrazione, tutto questo si riflette sui mercati finanziari che risentono in maniera importante e che mostrano le forti oscillazioni di questi giorni.

Quello che poi condiziona il prezzo del carburante alla pompa sono come ben noto le accise, il prelievo fiscale che lo Stato impone e che accorpa voci di contribuzione delle più variegate ed ormai inutili, si va ancora oggi dal contributo per i terremoti dell’Irpinia e del Friuli, alla ricostruzione del Vajont fino al finanziamento per la guerra d’Etiopia tanto per citarne alcune, per cui il pieno di carburante sconta questi fattori. Questo è uno dei motivi per i quali il solito litro di super ha un costo diverso nei vari paesi e che ci vede quasi sempre primeggiare tra quelli più cari. Per fortuna però ci sono anche alcune certezze, quelle verso le quali è utile guardare e che con un po’ di sforzo ci possono aiutare a considerare anche la parte piena del bicchiere. Una di queste è che il progresso non si è mai fermato, anche nei periodi più difficili ed in quelli di crisi la ricerca, l’innovazione, le tecnologie hanno continuamente prodotto nuovi strumenti ed hanno generato nuove prospettive, quindi anche questa situazione, guardando un po’ più a lungo termine, non è altro che l’ennesimo passaggio di un percorso che dalle origini dell’uomo non si è mai fermato e non si fermerà.